Plasticità negli anziani e training di memoria di lavoro

Come abbiamo detto in articoli precedenti, l’invecchiamento è caratterizzato da deficit relativi alla memoria di lavoro, che consiste nella capacità di tenere a mente delle informazioni, mentre le elaboriamo. Ad esempio, quando dobbiamo dare i soldi al cassiere al supermercato, memorizziamo il costo della spesa mentre calcoliamo quanti soldi abbiamo nel portafoglio e quanti ne dobbiamo dare per pagare.

Per svolgere qualsiasi compito cognitivo, tutti noi utilizziamo determinate aree cerebrali e i collegamenti che permettono la comunicazione tra queste aree. Le attivazioni cambiano a seconda del compito e della difficoltà che riscontriamo.

Quello che si osserva negli adulti più anziani, è una diversa attivazione delle risorse cognitive per svolgere un compito di memoria di lavoro, se paragonati a partecipanti più giovani.

In particolare, si osserva una maggiore attivazione delle risorse cognitive durante lo svolgimento di alcuni compiti, per compensare deficit di memoria di lavoro dovuti all’età avanzata. Questo meccanismo di compensazione avviene fino ad un certo livello di difficoltà, oltre al quale le ridotte risorse cognitive non sono più così efficienti. Oltre ad un determinata difficoltà, infatti, gli adulti di età avanzata tendono a non riuscire ad usare in modo efficace le risorse cognitive disponibili e questo incide negativamente sul compito.

I ricercatori Iordan e i suoi collaboratori si sono chiesti se uno specifico training di memoria di lavoro potesse migliorare l’utilizzo delle risorse cognitive nei partecipanti più anziani e, di conseguenza, migliorare la loro capacità di svolgere il compito.

Gli autori dello studio hanno pubblicato nel 2020 l’articolo sulla prestigiosa rivista Neuroimage, dal titolo Neural correlates of working memory training: evidence for plasticity in older adults. Di seguito vediamo insieme come hanno condotto l’esperimento e quali risultati hanno potuto osservare.

Allo studio hanno partecipato 23 giovani adulti (dai 18 a 28 anni) e altrettanti partecipanti di età più avanzata (dai 63 ai 75 anni).

I ricercatori, in particolare, si chiedevano se il training potesse ridurre l’attivazione cerebrale nei compiti più facili e aumentata attivazione per i compiti difficili, che corrisponde ad un uso più efficiente delle risorse cognitive (come accade solitamente in gruppi di partecipanti più giovani).

Per questo motivo ai partecipanti dello studio era stato proposto un training di memoria, per 10 giorni consecutivi.

Ogni giorno il compito da svolgere per il training veniva presentato attraverso lo schermo di un computer. Inizialmente comparivano alcune lettere dell’alfabeto e rimanevano sullo schermo per la durata di pochi secondi. Successivamente le lettere scomparivano dallo schermo e, dopo 3 secondi, compariva una solo lettera. I partecipanti dovevano dire se l’ultima lettera presentata era già stata vista nella prima schermata. Per la descrizione dettagliata del compito si rimanda all’articolo originale (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1053811920303736).

In fondo a questo articolo proponiamo una rappresentazione stilizzata del compito.

Il compito, durante i dieci giorni di training, poteva diventare più facile o più difficile (diminuivano o aumentavano il numero di lettere da ricordare nella prima schermata presentata), a seconda del numero di corretti riconoscimenti delle lettere il giorno precedente.

Per analizzare l’attività cerebrale, ovvero le aree e connessioni cerebrali attivate per svolgere un compito mentale, i partecipanti, prima e dopo i dieci giorni di training, veniva sottoposti a risonanza magnetica funzionale, mentre svolgevano un compito di riconoscimento delle lettere come quello descritto prima.

Questo consentiva ai ricercatori di verificare quanto il training proposto potesse avere un impatto positivo sull’attivazione cerebrale, rendendola più efficiente.

Parliamo ora dei risultati che hanno osservato Iordan e collaboratori. Sia il gruppo di adulti più giovani sia quello composto da partecipanti di età più avanzata, sono migliorati nel compito di memoria di lavoro, rispondendo più correttamente al riconoscimento delle lettere presentate sullo schermo.

Possiamo inoltre fare alcune considerazioni sulla base del cambiamento dell’attività cerebrale prima e dopo il training.

Dopo il training si è osservata una minore attivazione cerebrale nel gruppo di adulti di età più avanzata, per compiti più semplici, ovvero quelli in cui si chiedeva ai partecipanti di tenere a mente meno lettere. Da un punto di vista funzionale questo significa che questo gruppo di partecipanti, grazie al training, sembra aver migliorato la capacità ed efficienza nello svolgere il compito, tanto da non richiedere delle risorse extra per compensare una minore capacità mnemonica.

Si è anche osservata una maggiore efficienza, sempre nel gruppo di partecipanti più anziani, nello svolgere compiti più complessi, ovvero quelli in cui venivano presentate inizialmente molte lettere allo stesso tempo. Questa maggiore efficienza significa un’attivazione   ovvero necessaria ma allo stesso tempo non eccessivamente dispendiosa, per far fronte alla maggiore difficoltà nel compito. Abbiamo visto prima infatti come, nei soggetti tra i 63 e 75 anni, ci fosse inizialmente una difficoltà nell’attivare tutte le risorse cognitive necessarie quando il compito diventava più complicato.

In questo studio abbiamo visto che, grazie ad un semplice allenamento della durata di 10 giorni consecutivi, i partecipanti di età più avanzata sono riusciti a migliorare nel compito di memoria di lavoro, e che questo cambiamento è stato osservato anche a livello dell’attivazione cerebrale, rendendo più efficiente la memorizzazione e il recupero dell’informazione.

Riferimento bibliografico:

Iordan, Alexandru D., et al. “Neural correlates of working memory training: evidence for plasticity in older adults.” Neuroimage 217 (2020): 116887.