Nella popolazione di adulti di età avanzata è stata riscontrata un’alta eterogeneità in termini di abilità cognitive e traiettorie di queste abilità nel corso del tempo. Attraverso studi di risonanza magnetica funzionale sono stati riscontrati cambiamenti dell’attivazione legati all’età, in diversi network che sono coinvolti in alcuni compiti cognitivi, come sottolineato dalla metanalisi di Li e collaboratori (Li et al., 2015). Tra i meccanismi che possono entrare in gioco si trova la compensazione, che permette di opporsi al normale declino delle funzioni cognitive, come abbiamo spiegato nell’articolo “Conosciamo meglio i meccanismi dell’invecchiamento: riserva, mantenimento e compensazione” .
Dal momento che non c’è ancora la piena conoscenza dell’effetto dell’età sui correlati neurali legati allo svolgimento di compiti impegnativi dal punto di vista cognitivo, i ricercatori Vaqué-Alcázar e collaboratori hanno voluto investigare tali cambiamenti in un arco temporale di due anni, in un gruppo di soggetti di età avanzata. Cambiamenti sia in termini di integrità strutturale, sia in termini di pattern di attivazione in un compito di memoria di lavoro.
La loro ricerca, dal titolo “Functional and structural correlates of working memory performance and stability in healthy older adults” è stata pubblicata nel 2020 sulla rivista Brain Structure and Function.
Gli autori dello studio hanno paragonato l’attività cerebrale degli anziani in cui si era osservato un declino della capacità di memoria di lavoro, con quelli che avevano mostrato un mantenimento di questa capacità nel tempo. Gli autori avevano ipotizzato che l’attività cerebrale potesse differire in questi due gruppi. In particolare si aspettavano un aumento delle aree cerebrali attivate durante lo svolgimento del compito come tentativo di compensazione.
In aggiunta gli autori hanno voluto esaminare i cambiamenti nella struttura cerebrale e misurare l’atrofia legata all’invecchiamento, a distanza di due anni dalla prima misurazione, per vedere se vi fosse un legame con la presenza di stabilità o declino nella performance ai compiti cognitivi.
I soggetti considerati per lo studio erano 47, di età media di circa 68 anni. Tutti i soggetti avevano un profilo cognitivo nella norma, non avevano cioè deficit cognitivi riscontrabili ai test a cui sono stati sottoposti. I partecipanti sono stati sottoposti ad un esame di risonanza magnetica funzionale mentre svolgevano un compito di memoria di lavoro basata su stimoli visivi.
Il compito consisteva nella presentazione di alcune lettere in sequenza, su uno schermo. Ai partecipanti veniva chiesto di confrontare le lettere di volta in volta presentate con quelle precedenti. La difficoltà aumentava man mano con l’aumentare della distanza tra le lettere (avendo quindi tra esse alcune lettere intermedie, da tenere a mente, su cui dovevano applicare il confronto successivamente).
A distanza di due anni veniva richiesto ai soggetti di svolgere il compito di memoria di lavoro, sempre durante la risonanza magnetica funzionale. In base ai dati raccolti, sono quindi stati suddivisi in due gruppi:
- performance stabile nell’arco dei 2 anni
- performance che ha subito un declino, dopo due anni dalla prima misurazione.
Veniva quindi esaminata l’attività corticale durante il compito e misurato lo spessore corticale in tutti i soggetti, a distanza di due anni.
Quello che è emerso è un’attività legata al compito nelle regioni cerebrali frontali, in entrambi gli emisferi cerebrali. Nel gruppo di soggetti che avevano avuto un buona performance, che è rimasta stabile a distanza dei due anni, si è osservata una riduzione dell’attività cerebrale nell’ultima misurazione, mentre coloro che nei due anni avevano subito un declino della performance, hanno poi mostrato una maggiore attivazione in alcune aree della corteccia parietale.
Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali, è stata osservata una diffusa atrofia in tutto il campione, dopo due anni dalla prima misurazione dello spessore corticale. Per i partecipanti in cui era stato osservato un declino della performance la diminuzione dello spessore è risultata più ampia e diffusa in entrambi gli emisferi, rispetto a coloro che erano rimasti stabili. Non sono state tuttavia osservate correlazioni tra le attivazioni cerebrali esaminate tramite risonanza magnetica cerebrale e le misure di spessore corticale. A partire da questi dati, gli autori hanno suggerito un’evoluzione temporale diversa nei due gruppi.
Infine, per quanto riguarda la maggiore attivazione cerebrale nei partecipanti in cui si è osservato un declino delle funzioni cognitive, gli autori ipotizzano che ciò sia dovuto, più che a un tentativo di compensazione, a una minore differenziazione delle aree attivate specificatamente durante un compito cognitivo.
Possiamo infatti immaginare come alcune aree del nostro cervello siano maggiormente attivate durante lo svolgimento di determinati compiti. Tuttavia, durante l’invecchiamento, si può assistere a una minore differenziazione dell’attivazione di aree specifiche. In alcuni casi, quando questa è accompagnata da un miglioramento nel compito, si può parlare di compensazione (come discusso nell’articolo “Conosciamo meglio i meccanismi dell’invecchiamento: riserva, mantenimento e compensazione” ). In altri casi si parla di minore differenziazione.
Nella ricerca qui presentata ad una maggiore attivazione non corrispondeva un beneficio a livello delle abilità cognitive. Questo in particolare era stato osservato in coloro che, con il passare del tempo, subiscono un maggiore declino delle funzioni cognitive.
Riferimenti bibliografici:
Vaqué-Alcázar, L., Sala-Llonch, R., Abellaneda-Pérez, K., Coll-Padrós, N., Valls-Pedret, C., Bargalló, N., … & Bartrés-Faz, D. (2020). Functional and structural correlates of working memory performance and stability in healthy older adults. Brain Structure and Function, 225(1), 375-386.
Li, H. J., Hou, X. H., Liu, H. H., Yue, C. L., Lu, G. M., & Zuo, X. N. (2015). Putting age-related task activation into large-scale brain networks: a meta-analysis of 114 fMRI studies on healthy aging. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 57, 156-174.