
Invecchiare in salute è possibile?

Durante gli ultimi 200 anni l’aspettativa di vita della maggior parte dei paesi sviluppati è raddoppiata, soprattutto grazie a fattori quali una migliore qualità dell’acqua disponibile alla popolazione, di cibo, migliori condizioni igieniche, l’introduzione degli antibiotici e una migliorata assistenza medica.
È infatti importante notare che questo aumento dell’aspettativa di vita è avvenuto troppo velocemente da poter ipotizzare un ruolo cruciale di un cambiamento del patrimonio genetico. Gli unici fattori ad aver potuto giocare un ruolo fondamentale sono quindi quelli sopra riportati, relativi ad un cambiamento nello stile di vita della popolazione dei paesi sviluppati. Come spiegato nell’articolo Conosciamo i fattori predittivi dell’invecchiamento sano, vi sono infatti diversi fattori che, se presenti, possono incidere positivamente sull’invecchiamento in salute. Tra questi vi sono la pratica dell’attività fisica, una dieta equilibrata, l’accesso alle cure e la partecipazione alle attività sociali.
L’aumento significativo dell’aspettativa di vita non è stato tuttavia accompagnato da un aumento altrettanto rapido del periodo di vita caratterizzato dall’assenza di malattia. L’età adulta avanzata è infatti spesso caratterizzata dalla presenza di malattie e disturbi cronici quali malattie neurodegenerative, oncologiche, cardiovascolari, deficit cognitivi (ridotta capacità di memoria, attenzione..), sensoriali e motori.
Quello che può fare la differenza in questi casi, in termini di qualità di vita, è la presenza o meno di disturbi di natura medica e psicologica che possono influenzare il vissuto in età avanzata.
Nell’articolo di Partridge e collaboratori, dal titolo “Facing up to the global challenges of ageing.” pubblicato sulla rivista Nature nel 2018, viene discussa la prospettiva di implementare interventi di promozione dell’invecchiamento sano, con l’utilizzo di terapie farmacologiche per rallentare il declino tipico dell’età avanzata. Gli autori sottolineano inoltre l’importanza di riconoscere precocemente i segni dell’invecchiamento in modo da poter intervenire in modo mirato.
Un importante compito della società, secondo gli autori, dovrebbe essere quello di promuovere l’invecchiamento sano, riducendo la severità e la lunghezza delle malattie e dei disturbi che spesso caratterizzano l’età avanzata.
Il processo di invecchiamento è caratterizzato da diversi aspetti. A livello fisiologico si possono ad esempio osservare una perdita di massa e forza muscolare, di cartilagine e la presenza di osteopenia. A livello sistemico si ha un cambiamento del sistema endocrino e della pressione del sangue. Si possono riscontrare inoltre dei cambiamenti a livello strutturale, come ad esempio la rigidità vascolare, che possono influire negativamente sulla funzionalità cardiaca e cerebrale. Gli autori sottolineano che queste condizioni fisiologiche tipiche dell’invecchiamento possono rimanere a livello sub clinico ma, se accumulate, possono definire un quadro di multimorbidità e portare a un maggior rischio di ospedalizzazione, disabilità o morte. Una delle maggiori sfide della sanità è gestire un numero crescente di anziani con multimorbidità, che caratterizza circa metà della popolazione di età superiore ai 70 anni.
In questo, i markers, ovvero degli indicatori della presenza o meno di una condizione medica, come quelle citate sopra, possono svolgere un importante ruolo. I markers possono essere infatti utili sia per inquadrare la condizione di salute presente, sia per monitorare l’andamento della condizione stessa, ad esempio in seguito a terapia farmacologica. Risulta infatti particolarmente importante considerare i markers quando vengono attuati degli interventi di prevenzione, in modo da riconoscere condizioni mediche ad uno stadio ancora precoce, per poter intervenire in modo tempestivo.
Ad oggi gli interventi che agiscono a livello della prevenzione, soprattutto per quanto riguarda cambiamenti nello stile di vita (riduzione del fumo, promozione dell’attività fisica e di una corretta alimentazione) hanno dato risultati incoraggianti per la salute, tra cui riduzione dell’ipertensione, del diabete e in generale, della mortalità.
Tuttavia, per quanto efficaci, gli interventi basati sul cambiamento dello stile di vita potrebbero non essere sufficienti, in determinate circostanze, a prevenire la progressione di complicanze mediche dovute all’età avanzata. Per questo, l’uso dei farmaci, per contrastare l’insorgenza di complicanze mediche, è già ampiamente diffuso.
Dal momento che per sviluppare ulteriori interventi, farmacologici e basati sul cambiamento dello stile di vita, risulta necessaria una più approfondita comprensione dei meccanismi alla base dell’invecchiamento, gli autori suggeriscono che possano essere utili gli studi che hanno come oggetto l’invecchiamento negli animali. Ci sono tuttavia delle limitazioni nell’estendere le conoscenze ottenute dal modello animale a vantaggio di interventi rivolti all’uomo. Alcune condizioni sperimentali applicate agli animali in laboratorio, come ad esempio regimi di restrizioni dietetiche, sono difficili da estendere all’uomo per diverse ragioni, tra cui l’attinenza al regime alimentare. Possono essere tuttavia considerate delle variazioni più attuabili, come regimi dietetici più moderatamente restrittivi (ad esempio una riduzione dell’introito di proteine o di carboidrati). Sarebbe comunque necessario approfondire gli effetti che questa tipologia di interventi possono dare negli adulti di età avanzata.
Inoltre, gli autori sostengono che un intervento con farmaci che facilitano la riduzione il declino fisiologico tipico dell’invecchiamento sia promettente, come ad esempio quei farmaci che intervengono sulle cellule senescenti o che inducono una riparazione dei tessuti danneggiati. La scelta nell’uso dei farmaci deve dunque essere ponderata e indirizzata a coloro che si trovano in situazioni più a rischio. Risulta inoltre importante considerare l’utilizzo di farmaci già esistenti, piuttosto che crearne di nuovi, per prevenire la multimorbidità delle persone di età avanzata.
Per concludere, i ricercatori sottolineano che sono sempre più presenti ricerche che intendono indagare il meccanismo dell’invecchiamento negli animali e gli autori suggeriscono che sarebbe interessante una maggiore collaborazione tra esperti che studiano il declino fisiologico negli animali e nell’uomo, in modo da accelerare il progresso della conoscenza sui meccanismi che caratterizzano l’invecchiamento dell’uomo. Questo potrebbe facilitare lo sviluppo di nuove metodologie, o implementare quelle esistenti, per riconoscere precocemente i segni e sintomi del declino delle funzioni cognitive, fisiologiche, motorie, e poter intervenire altrettanto tempestivamente per rallentarne il decorso, quando questo è possibile.
Riferimento bibliografico:
Partridge, L., Deelen, J., & Slagboom, P. E. (2018). Facing up to the global challenges of ageing. Nature, 561(7721), 45-56.